Il documento che stai per leggere è l’atto costitutivo dei “Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà”, nati a Milano nel novembre 1943 su iniziativa di alcune rappresentanti dei partiti politici, tra cui Ada Gobetti1 per il Partito d’azione e Lina Fibbi2 per il Partito comunista.
I Gruppi diffondevano le loro idee anche attraverso il giornale Noi donne, a cui si affiancò, a livello regionale, LaDonna friulana, diretto dalle partigiane Jole De Cillia, “Paola”, medaglia d'argento al V. M., Regina Franceschino, “Irma”, e Rosa Cantoni, “Giulia”. Del documento costitutivo dei Gruppi di difesa della donna ti proponiamo i passi che mettono in luce le motivazioni e gli obiettivi dell’organizzazione.
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Ada Gobetti: Ada Gobetti (Torino 1902-1968) negli anni del fascismo fu al centro di una rete clandestina di intellettuali italiani che portò alla costituzione del movimento politico antifascista “Giustizia e Libertà”. Nel 1941 partecipò alla fondazione del Partito d’Azione e, dopo l’armistizio, entrò nella Resistenza mantenendo collegamenti tra Torino e le formazioni G.L. operanti in Piemonte. Di questa drammatica esperienza ha lasciato testimonianza nel Diario Partigiano, pubblicato la prima volta nel 1956. Dopo la Liberazione, insignita della medaglia d’argento al valor militare, si impegnò in una vasta attività di pedagogista, di traduttrice e di scrittrice.
2
Lina Fibbi: Lina Fibbi, nata a Fiesole (FI) nel 1920, dovette emigrare in Francia con la famiglia per sottrarsi alle persecuzioni e alle violenze fasciste. Rientrata in Italia nel 1943, entrò a far parte del Comando generale delle Brigate Garibaldi e combatté nella Resistenza. Dopo la Liberazione assolse svariati compiti di direzione politica e sindacale e, tra il 1963 e il 1972, fu deputata del Partito Comunista Italiano.
Atto costitutivo dei “Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza
ai combattenti della libertà”
Le donne italiane che hanno sempre avversato il fascismo, che della guerra hanno sentito tutto il peso per i lutti, le case distrutte, i sacrifici e le raddoppiate fatiche, non possono rimanere inerti in questo grave momento.
I barbari rubano e devastano, depredano e uccidono. Non si può cedere, bisogna lottare per la liberazione. I combattenti per la libertà si organizzano, conducono la guerriglia, si apprestano a colpire il nemico del nostro Paese nei rifugi che ritiene più sicuri. Nella lotta che il popolo italiano conduce per salvarsi dall’estrema rovina e per affrettare la liberazione, per ricostruire il Paese esaurito e rovinato dalla guerra fascista, per edificare una società nuova sotto il segno della libertà, dell’amore e del progresso, si schierano, compagne di combattimento, le donne d’Italia. Esse costituiscono i “Gruppi di Difesa della Donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà”.
Donne di ogni ceto sociale: massaie, operaie, impiegate, intellettuali e contadine si raccolgono accomunate dalla necessità di lottare e dall’amore della Patria. Donne di ogni fede religiosa, di ogni tendenza politica, donne senza partito si uniscono per il comune bisogno che ci sia pane, pace e libertà, che i migliori figli d’Italia che impugnano le armi contro il nemico siano incoraggiati e assistiti.
Le donne italiane vogliono: avere il diritto al lavoro, ma che non sia permesso sottoporle a sforzi che pregiudichino la loro salute e quella dei loro figli.
Chiedono:
proibizione del lavoro a catena, del lavoro notturno, dell’impiego della donna nelle lavorazioni nocive;
di essere pagate con un salario uguale per un lavoro uguale a quello degli uomini;
delle vacanze sufficienti e assistenza nel periodo che precede e segue il parto;
la possibilità di allevare i propri figli, di vederli imparare una professione, di saperli sicuri del proprio avvenire;
di partecipare all’istruzione professionale e di non essere adibite nelle fabbriche e negli uffici soltanto a lavori meno qualificati;
la possibilità di accedere a qualsiasi impiego, all’insegnamento in qualsiasi scuola, unico criterio di scelta: il merito;
di partecipare alla vita sociale, nei sindacati, nelle cooperative, nei corpi elettivi locali e nazionali;
l’organizzazione democratica e il controllo di massa sulle istituzioni assistenziali della donna e del bambino, di fabbrica, locali e nazionali.