Il contesto storico

L'alleanza con la Germania nazista di Adolf Hitler, voluta da Mussolini, trascinò l'Italia nella Seconda guerra mondiale. Il 10 giugno 1940 l'esercito italiano attaccò la Francia, ormai sconfitta dai Tedeschi.

Dopo una prima fase del conflitto favorevole alla Germania, all’Italia e ai loro alleati, l'esercito italiano, impreparato militarmente e con scarse risorse economiche a disposizione, subì pesanti sconfitte in Nord Africa, in Grecia e nei Balcani.

La Russia venne aggredita nel giugno del 1941 dalle truppe tedesche e italiane, che furono però costrette a una disastrosa ritirata nel gennaio 1943.

Il 9 luglio 1943 gli Americani sbarcarono in Sicilia, senza che l'esercito italiano opponesse una significativa resistenza.

La lunga serie di sconfitte militari e il peggioramento delle condizioni di vita, causato dalla guerra, provocarono una situazione di diffuso malcontento tra gli Italiani, che persero ogni fiducia nel regime fascista.
Il 25 luglio 1943 il re Vittorio Emanuele III, che fino a quel momento aveva appoggiato incondizionatamente il fascismo, fece arrestare Mussolini e al suo posto nominò capo del governo il generale Pietro Badoglio.

Il nuovo governo, presieduto dal generale Badoglio, firmò un armistizio con gli Anglo-Americani che venne reso noto l’8 settembre. Nel trattato si stabiliva che il governo italiano si sarebbe impegnato a cessare ogni atto di guerra nei confronti degli alleati e, contemporaneamente, avrebbe smesso di collaborare con i Tedeschi.

Ma il re e il generale Badoglio non trasmisero comandi precisi su come fronteggiare la prevedibile reazione tedesca, che non si fece aspettare: le truppe del Terzo Reich occuparono l'Italia centro-settentrionale e parte dell'Italia meridionale e cominciarono a rastrellare i soldati italiani, abbandonati a se stessi senza ordini né direttive precise. Seicentomila soldati italiani vennero catturati e trasferiti nei campi di internamento in Germania.

Il 9 settembre 1943, per iniziativa dei principali partiti antifascisti, venne costituito il Comitato di Liberazione Nazionale.

Il Friuli Venezia Giulia rientrava nella Zona di Operazione “Litorale Adriatico”, sotto il comando del Commissario Supremo Frederich Rainer, in vista di una futura annessione al Terzo Reich.

Il 23 settembre 1943 Mussolini, che nel frattempo era stato liberato dai Tedeschi, proclamò la Repubblica sociale italiana, dichiarando di voler continuare la guerra a fianco dei Tedeschi.

Tra l'autunno e l'inverno del 1943, in molte località del Nord e del Centro Italia, gruppi di antifascisti raggiunsero le zone di montagna per organizzare piccoli nuclei di guerriglia. A essi si aggiunsero soldati sbandati del dissolto esercito italiano e giovani che si rifiutavano di essere arruolati nel nuovo esercito di Salò. Tra la primavera e l'estate del 1944 i partigiani che combattevano nelle varie bande, organizzate dai Comitati di Liberazione Nazionale locali, raggiunsero il numero di 70-80 000.

Nel marzo del 1943 si costituì, a nord di Udine, il primo nucleo partigiano del Friuli.

Nel movimento partigiano friulano si distinsero particolarmente Mario Lizzero, “Andrea”, commissario delle Brigate Garibaldi e don Aldo Moretti, “Lino”, fondatore insieme a Carlo Commessati, “Spartaco”, delle Brigate Osoppo.

Dopo lo sbarco in Normandia delle truppe anglo americane, avvenuto nel giugno del 1944, nell'estate dello stesso anno gli alleati liberarono Roma e poi Firenze.
Il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia invitò le forze partigiane ad insorgere e a creare nelle zone liberate istituzioni autonome, in vista della liberazione dell’intero territorio nazionale, che sembrava vicina.

Tuttavia, all'inizio dell'autunno, la marcia verso nord degli Anglo-Americani si arrestò sulla linea di difesa predisposta dai Tedeschi sull'Appennino tosco-emiliano, la cosiddetta“linea gotica”.
Nell'estate del 1944, nell'Italia settentrionale, i partigiani passarono all'offensiva.
Il 10 settembre fu liberata la val d'Ossola, in Piemonte, dove fu costituita una repubblica partigiana che resistette per quaranta giorni agli attacchi dei nazifascisti.

Già a partire dal luglio 1944 un’ampia zona a cavallo tra il confine, l’Alto Friuli e il Veneto venne liberata dall’occupazione tedesca.
Si costituirono due Zone Libere: quella del Friuli Orientale e la Zona Libera della Carnia e dell’Alto Friuli. Quest'area comprendeva una quarantina di comuni montani e si estendeva per circa 2580 kmq.
Il 26 settembre venne eletta la Giunta di Governo della Zona libera della Carnia e dell’Alto Friuli, con sede ad Ampezzo. Il suo compito era quello di amministrare e organizzare le varie attività che si svolgevano sul territorio.

 

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La Giunta di Governo si organizzò come un vero e proprio apparato di governo del territorio riorganizzando l'amministrazione della giustizia, la scuola, il sistema fiscale, la gestione del patrimonio boschivo, l'approvvigionamento, il controllo dei prezzi, l'ordine pubblico.
Alla fine del settembre 1944 i nazifascisti sferrarono una grande offensiva contro la zona libera della Carnia e dell’Alto Friuli, impiegando fino a 40 mila uomini. L'obiettivo era rendere sicure e transitabili le vie stradali e ferroviarie verso la Germania e l'Austria.

A fianco dei nazifascisti vennero schierati migliaia di soldati cosacchi e caucasici che, a partire dall'agosto 1944, erano stati trasferiti in Friuli e in Carnia insieme alle loro famiglie. I cosacchi condussero una lotta feroce contro i partigiani, fatta di saccheggi e violenze di ogni genere contro la popolazione.
I morti, tra i partigiani, furono oltre trecento.

Il 10 ottobre 1944 l'offensiva nazifascista mise fine all'esperienza della Repubblica Partigiana della Carnia. Rimasero libere fino verso la metà di dicembre le valli Tramontina, d'Arzino, del Cosa e la val Colvera.

Tra l'autunno e l'inverno del 1944 la vasta controffensiva avviata in tutto il Nord del Paese dalle forze nazifasciste mise fine all'esperienza delle repubbliche partigiane. In questa fase, nazisti e fascisti si resero responsabili di crudeli rappresaglie e massacri nei confronti della popolazione civile.

Il Friuli non venne risparmiato: furono incendiate e rase al suolo Nimis, Attimis e Faedis; in Carnia Cadunea, Cedarchis, Imponzo, Illegio e Verzegnis. Numerosi furono gli eccidi tra la popolazione.

Il movimento partigiano riuscì tuttavia a reggere l'urto dell'offensiva nazifascista, ripiegando in alta montagna o in zone protette dalle incursioni nemiche.
All'inizio dell'aprile del 1945, quando riprese l'offensiva alleata lungo la “linea gotica”, le forze partigiane erano nuovamente riorganizzate e pronte a sferrare gli ultimi attacchi. Il 21 aprile 1945 fu liberata Bologna, il 23 aprile toccò a Genova. Il 25 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia emanò l'ordine di insurrezione generale.

Il 1° maggio 1945, quando una colonna motorizzata dell'Ottava armata inglese entrò in città, tra gli applausi degli abitanti, Udine era già stata liberata dalle forze partigiane. Il Comitato di Liberazione Nazionale Provinciale, nel frattempo, aveva assunto tutti i poteri di governo.

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