Che cos’è una baraccopoli?
Secondo Un-Habitat, il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani, può essere definita come “un’area densamente popolata e caratterizzata da abitazioni al di sotto degli standard minimi e da miseria”.

Per le Nazioni Unite sono cinque i parametri che indicano la presenza di una baraccopoli:

  • insufficiente accesso all’acqua corrente
  • scarsa presenza di servizi sanitari e sistemi fognari
  • sovraffollamento
  • costruzioni fatte con materiali precari (lamiere, pezzi di legno, cartoni ecc.)
  • abitazioni costruite illegalmente (da qui anche la definizione di “insediamenti informali”).

Abitati da migliaia di persone, questi quartieri sono situati in genere nelle zone peggiori delle città: si trovano spesso su suoli acquitrinosi, collinari o contaminati da scarichi industriali. Tuttavia, non mancano baraccopoli che si estendono fianco a fianco con zone urbane di pregio.

In alcuni casi le baraccopoli sorgono in prossimità di gigantesche discariche di rifiuti la cui raccolta, cernita e riciclo costituisce la principale attività degli abitanti.

Le baraccopoli sono quindi spazi urbani sovraffollati, insalubri, costruiti con materiali inadatti, edificati illegalmente, localizzati in aree a rischio ambientale, poco serviti dai mezzi di trasporto collettivo, privi di spazi e servizi pubblici, caratterizzati da elevati livelli di violenza.

Le baraccopoli non sono tutte uguali: per esempio, in quelle brasiliane è garantito un livello minimo di servizi del tutto assente in quelle asiatiche e africane. In quelle asiatiche, inoltre, sono presenti numerose attività lavorative svolte in totale assenza di controlli e regole.

Diffuse in diverse aree geografiche, le baraccopoli vengono indicate localmente con nomi diversi: i più usati sono slum (nei Paesi di lingua inglese), bidonvilles (nei Paesi di lingua francese), favelas (in Brasile). Ma i nomi sono davvero molti!

Secondo il rapporto The Challenge of Slums, quasi un miliardo di persone (cioè una ogni sei e circa un terzo della popolazione urbana mondiale) vive in circa 250 000 baraccopoli diffuse in tutto il pianeta. Nei Paesi in via di sviluppo la percentuale è del 43% della popolazione urbana, rispetto al 6% dei Paesi sviluppati.

Nei prossimi trent’anni il numero degli abitanti delle baraccopoli potrebbe raddoppiare se non verranno prese le opportune misure: quindi quasi il 50% della popolazione urbana del pianeta vivrà in una baraccopoli. Secondo la Banca Mondiale “la povertà urbana diventerà il problema principale e politicamente più esplosivo del XXI secolo”.

La maggior parte delle baraccopoli si trova nelle grandi aree urbane del Sud-est asiatico, dell’Africa subsahariana e dell’America meridionale, dove ogni anno migliaia di persone abbandonano le zone rurali e si dirigono verso le grandi città. Complessivamente, in queste aree negli ultimi decenni la crescita della popolazione degli slum ha superato quella media dell’urbanizzazione.

Secondo UN-Habitat, le più alte percentuali (sopra il 90%) di abitanti nelle baraccopoli si trovano in Etiopia, Ciad, Afghanistan e Nepal. La città con il maggior numero di persone che vivono nelle baraccopoli è Mumbai (India), con 10-12 milioni, seguita da Città del Messico e Dacca (Bangladesh), con 9-10 milioni, Lagos (Nigeria), Il Cairo (Egitto), Karachi (Pakistan), Kinshasa (R.D. Congo), San Paolo (Brasile), Shanghai (Cina) e Delhi (India), con 6-8 milioni.

L’esistenza delle baraccopoli è legata alla povertà della popolazione e quindi solo il miglioramento delle condizioni di vita può risolvere questo problema.

In passato, molto governi hanno cercato di cancellare le baraccopoli semplicemente distruggendole e spostando gli abitanti in altre zone dalle città o costruendo grandi quartieri di alloggi popolari nell’estrema periferia. Ciò è accaduto sia in Asia (nel Myanmar) sia nell’America latina (Brasile, Argentina, Cile) dove gli “insediamenti illegali” sono stati spesso rasi al suolo.

Oggi, soprattutto in Brasile, si sperimentano anche altre soluzioni che cercano di intervenire per migliorare le condizioni di vita degli abitanti delle baraccopoli costruendo le infrastrutture di base (sistema fognario, pavimentazione delle strade, connessione all’acqua corrente), realizzando spazi e servizi pubblici (piazze, parchi, centri sportivi e comunitari), cercando di limitare al massimo gli sgomberi.

Insediamenti precari, abusivi o fatiscenti sono presenti anche in tante città dei Paesi ricchi. Per esempio, in molte aree urbane negli Stati Uniti sono presenti ormai insediamenti informali simili a quelli dell’America latina, come le colonias in California. Los Angeles è la città con il maggior numero di senzatetto di tutta l’area sviluppata

Nella maggior parte delle città europee non esistono baraccopoli estese e popolose come quelle degli altri continenti. Tuttavia non mancano nelle periferie di città come Lisbona, Sofia e Atene situazioni o quartieri caratterizzati da alcune condizioni tipiche delle baraccopoli: scarsa o nulla manutenzione delle abitazioni, servizi sociali (sanità, istruzione, strutture culturali) carenti, redditi e indicatori sociali nettamente al di sotto della media del resto della città.

In Italia vi sono soprattutto piccoli insediamenti abusivi di senzatetto, rifugiati e nomadi che periodicamente vengono fatti sgomberare e si ricostituiscono più o meno lontani. Situazioni di questo tipo sono presenti nelle maggiori città come Roma (Ponte Mammolo), Firenze (Slataper), Milano (ex scalo ferroviario di Porta Romana), Torino (Lungostura Lazio), Catania (Voragini di San Berillo), Napoli, Genova ecc. Le persone che in Italia vivono in una condizione di assoluta emergenza abitativa oscillano tra le 70 000 e le 120 000.

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