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Le scienze ausiliarie nello studio delle fonti |
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Poiché non esistono documenti scritti risalenti a quell’epoca, le fonti per lo studio della preistoria sono costituite dai resti materiali lasciati dalle popolazioni che vissero allora. I reperti rinvenuti in migliaia di siti preistorici in tutto il mondo ci hanno consentito di ricostruire con forte credibilità molti aspetti della vita dell’uomo preistorico.
Le due discipline scientifiche più importanti che si occupano di studiare l’uomo preistorico sono la paleoantropologia e la paletnologia.
La paleoantropologia (dal greco palaiòs = “antico”, ànthropos = “uomo” e lògos = “studio”) studia i resti fossili dell’uomo e dei tipi umani ormai estinti. Oggi tale disciplina si integra anche con lo studio del clima, della flora, della fauna, della cultura materiale e delle credenze magico-religiose delle popolazioni scomparse.
La paletnologia studia invece la cultura delle civiltà umane preistoriche e protostoriche analizzando i reperti materiali. Oggetto della disciplina sono pertanto solo le specie appartenenti al genere Homo che abbiano prodotto manufatti (ovvero a partire dall'Homo habilis).
Paleoantropologi e paletnologi si servono dell’ausilio di altre scienze come la chimica, la geologia, la metallurgia e con questi strumenti riescono a dare spiegazioni convincenti, anche se, naturalmente, non sarà mai possibile ricostruire i pensieri dell’uomo preistorico. Alcuni studiosi ricorrono all’antropologia comparata (studiano cioè le popolazioni che vivono ancora oggi in condizioni “primitive”, cercando di ricavarne per analogia informazioni sui modi di vita preistorici), ma questo procedimento risulta spesso discutibile, perché le popolazioni “primitive” del mondo d’oggi sono rimaste tali per millenni, durante i quali hanno avuto il tempo di fissare modelli di vita che certamente non corrispondono più a quelli di migliaia di anni fa.
Ma quali sono i metodi di datazione che permettono agli scienziati di attribuire con sufficiente approssimazione età di milioni o di centinaia di migliaia di anni ai reperti fossili? |
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Come datare le fonti materiali della preistoria |
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Occorre premettere che la datazione dei fossili può essere relativa o assoluta. Si ha una datazione relativa quando un fossile viene trovato in uno scavo all’interno di un determinato strato del terreno. Ovviamente, gli strati più profondi sono i più antichi e quelli più superficiali sono i più recenti. Se il fossile viene rinvenuto assieme ad altri reperti già classificabili nel tempo gli si può attribuire la medesima datazione.
La datazione relativa può essere calcolata anche se il fossile si trova fra due strati di cui si conosce l’epoca: in questo caso si calcolerà una datazione media.
Diverso è il procedimento quando si deve stabilire una datazione senza avere possibilità di confronto con altri reperti. Il sistema usato in questo caso si basa sul periodo di dimezzamento degli elementi radioattivi presenti nel fossile e nell’ambiente in cui è depositato. In ogni reperto, infatti, esistono elementi radioattivi, i cui atomi col tempo si disgregano. Il tempo necessario perché la quantità degli atomi presenti nel fossile si riduca della metà si chiama periodo di dimezzamento. Noi sappiamo che il periodo di dimezzamento di un elemento radioattivo presente in tutti i fossili, un isotopo del carbonio denominato C14, è di 5370 anni.
La quantità di tale isotopo ancora presente nel reperto consente dunque di stabilirne una datazione assoluta. Per i fossili più antichi si preferisce usare un altro elemento, il potassio radioattivo, che ha un periodo di dimezzamento assai più lungo (più di un miliardo di anni). Questi sistemi, però, non sempre forniscono risultati certi, perché spesso i reperti sono fortemente inquinati da elementi esterni che ne alterano la composizione. |
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Che cosa resta oggi |
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I resti umani completi ritrovati dai paleoantropologi sono pochissimi, ma in numerosissimi siti preistorici di vario genere sono stati ritrovati reperti e testimonianze materiali di ogni tipo. Distinguiamo alcune categorie:
• le caverne con le pareti decorate da graffiti o addirittura dipinti veri e propri;
• i monumenti megalitici come dolmen, menhir e circoli di pietra;
• i resti di abitazioni palafitticole, che si sono ben conservati perché sommersi dalle acque;
• i depositi di spazzatura: nei villaggi prestorici gli uomini gettavano nei pressi delle capanne carcasse di animali, cocci, ossa, pietre mal sagomate ed escrementi e il ritrovamento di questi resti questo ci ha permesso di avere informazioni preziose sulle loro abitudini di vita, sul loro nutrimento, sugli animali che allevavano o che cacciavano;
• i circoli di pietre che costituivano la base delle prime, rudimentali capanne;
• le basi in pietra delle case di molti villaggi del Neolitico. |
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Una breve scelta di fonti materiali particolarmente significative |
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Proponiamo alcune fonti materiali che hanno dato un forte impulso allo studio dell’evolversi della cultura e della civiltà umana, con un percorso che parte dagli ominidi per arrivare all’Homo sapiens del Neolitico. |
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Le scoperte dei paleoantropologi |
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I resti fossili costituiscono ancora oggi l’oggetto di studio fondamentale per determinare le caratteristiche fisiche e lo stile di vita degli ominidi e da oltre un secolo a questa parte numerosi ritrovamenti hanno continuamente riaperto il dibattito sulle origini della specie umana e portato a ridefinire più volte le teorie sulla sua evoluzione.
L’anello mancante
Lucy
Le orme di Laetoli
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Le industrie della pietra e la vita quotidiana nel Paleolitico e nel Neolitico |
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L’evoluzione della cosiddetta “industria della pietra” e la sua diffusione nei diversi luoghi di produzione è testimoniata dal ritrovamento di numerosi reperti.
Le industrie della pietra
Altre testimonianze materiali rinvenute dai paletnologi ci hanno fornito preziose informazioni sulla vita quoditiana nel Paleolitico e nel Neolitico.
La vita quotidiana
L’uomo del Similaun
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© 2010 DeAgostini Scuola S.p.A. - Novara |
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