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Tutti gli elementi attualmente in possesso degli scienziati concordano nello stabilire che la culla dell’umanità è la Rift Valley africana, un’enorme fenditura del terreno che si estende per migliaia di chilometri tra la Tanzania e il Mozambico.
Gli studiosi, infatti, ci dicono che circa 20 milioni di anni fa l’Africa cominciò a spaccarsi letteralmente in due per effetto di continue esplosioni vulcaniche che generarono giganteschi movimenti della crosta terrestre. Si innalzarono enormi montagne, si prosciugarono laghi e se ne crearono altri, i mari penetrarono nelle fenditure della terra e lungo il Corno d’Africa si aprì la Rift Valley.
Il primo risultato di questo sconvolgimento fu il cambiamento del clima e quindi del tipo di vegetazione. La foresta pluviale, bisognosa di continue piogge per mantenere in vita la sua enorme massa vegetale, cominciò a restringersi e si ridusse a una striscia lungo i fiumi. Il clima più secco creò enormi pianure coperte di alte erbe: la savana.
La vita dei primati che traevano il loro sostentamento dall’abbondanza dei frutti della foresta pluviale divenne impossibile e qualcuno di loro cominciò a scendere dagli alberi, diventati troppo radi, avventurandosi nella grande pianura. L’erba della savana era altissima e consentiva ai primati, che camminavano a quattro zampe, una visuale molto ridotta, spesso limitata a pochi centimetri. La sensazione di terrore nell’udire rumori inconsueti o i ruggiti dei grandi predatori doveva essere intollerabile, ma l’istinto di sopravvivenza spinse comunque i primi antenati dell’uomo a inoltrarsi nella savana.
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