
Andrea Mantegna, Camera degli Sposi (1467?-1474), particolare della nana di corte.
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Molte culture, nel tempo, hanno considerato "speciali" gli esseri umani affetti da nanismo, che hanno ispirato sia figure mitologiche sia personaggi di poemi epici e fiabeschi.
Se nel mondo ellenico la forza e la bellezza erano considerate ideali da perseguire e quindi non c'era spazio per i disabili (i neonati deformi venivano uccisi), nell'antica Roma le cose non andavano molto diversamente: solo gli invalidi di guerra godevano di considerazione e assistenza. Però proprio a Roma, seguendo un uso orientale, le matrone iniziarono a ricercare e tenere presso di sé nani e nani gobbi come portafortuna o curiosità esotica.
Nel Medioevo e nel Rinascimento questi esseri minuscoli ricomparvero presso re e signori per intrattenere i commensali nei banchetti e divertirli con la loro deformità, come buffoni.
Ultimi nella corte come rango sociale, nani e giullari avevano però la facoltà di rivolgere direttamente la parola a principi, duchi e cardinali, di giocare con loro e di prenderli in giro senza incorrere in pesanti conseguenze: le proporzioni infantili, specie se accompagnate da un certo grado di follia oppure da un'intelligenza particolarmente acuta, li rendeva personaggi ridicoli ma importanti al tempo stesso. La loro condizione era simile a quella degli schiavi: non ricevavano stipendio, non potevano allontanarsi a loro piacimento dalla corte e potevano essere regalati come fossero oggetti o animali da compagnia. Per restare sul suolo italiano, celebri "allevatori" di nani furono Isabella d'Este (1474-1539) - che usava regalare ad amici e parenti i figli nati della sua coppia di nani - e Caterina de'Medici, nipote di Lorenzo il Magnifico, che raggiunse il suo sposo francese (futuro re Enrico IV) con sei nani al seguito. La condizione disumana dei nani continuò anche in epoca moderna. L'ultimo caso documentato di nano in condizione di semi-schiavitù è quello di Rustino, un fanciullo di colore deforme e ritardato mentale deportato dall'Africa alla corte Viennese per il divertimento dell'imperatrice Elisabetta d'Austria (1837-1898).
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