
Immagine del maestro, il conte di Borella (particolare dell'opera).
Gli istitutori, come tutti i letterati, indossavano la solenne veste dottorale: rossa, ricca di stoffa e lunga fino ai piedi. Nel Quattrocento, infatti, la lunghezza e la quantità di tessuto di un abito segnalavano ancora il ruolo sociale e il rango della persona. La corona d'alloro sul capo del maestro è simbolo della laurea, riconoscimento pubblico e massimo traguardo della carriera di ogni poeta.
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Fino dalla più remota Antichità si ha notizia di nutrici e precettori che affiancavano o sostituivano i genitori nella cura e nell'educazione dei bambini. Spesso stranieri e considerati alla stregua di servi - ma anche onorati, per i loro meriti, con il diritto di cittadinanza - i maestri operavano come pedagoghi privati o semplici ripetitori a casa per il proprio pupillo, oppure come educatori all'interno di una scuola. Dato che l'istruzione scolastica procedeva per tappe, nel Rinascimento c'erano maestri che insegnavano a vari livelli: alcuni solo a leggere e a scrivere (se le basi dell'istruzione non erano già stata trasmesse dai genitori), altri che insegnavano l'abaco - cioè a far di conto - altri ancora che avviavano allo studio del latino e dei testi classici. L'Umanesimo, infatti, aveva rimesso in auge la lettura delle vite degli uomini illustri e il racconto dei fatti memorabili della storia allo scopo di formare il carattere e fornire modelli autorevoli di comportamento agli adolescenti.
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