All’insegnamento delle "buone maniere" nei secoli passati veniva dato grande rilievo, visto che erano indispensabili per contrarre un matrimonio adeguato al proprio status.
Ogni donna doveva essere educata a essere modesta, remissiva, paziente, rispettosa del silenzio e a sapersi comportare in modo appropriato tanto nella vita di tutti i giorni quanto in occasione di visite, balli, conversazioni, villeggiature.
Anche se esistevano manuali da consultare - come il celebre Galateo o sue versioni aggiornate - le norme di comportamento erano instillate in ogni fanciulla dalla propria madre, dalla governante o dalle donne che ne condividevano la quotidianità. Il metodo educativo più efficace, per questo tipo d’istruzione, era ovviamente l’esempio fornito delle parenti più prossime.
Le nobildonne, per esempio, dovevano apprendere fin dalla più tenera età i cerimoniali da osservare per salutare o congedarsi: saluti, riverenze, baciamani; persino i cenni d’inchino andavano differenziati se rivolti a loro pari o a dame di rango superiore al proprio. Fabrizio Caroso da Sermoneta, nel suo Nobiltà di dame (1600), notava che un particolare sbagliato nel movimento come piegare il corpo in maniera eccessiva, poteva trasformare eleganti passi di danza in pose ridicole o sconvenienti. Le dame che passeggiando oscillavano troppo il braccio sembravano «contadini che spargono la semenza del grano» mentre quelle che ballando battevano le pianelle a ogni passo «paion i Frati Zoccolanti».
Strascico e sottoveste necessitavano di accorgimenti nel sedersi, ballare e camminare; il panier a cerchi rigidi, per esempio, tendeva a sollevarsi se ci si sedeva troppo in fondo alla sedia, mostrando - cosa riprovevole - le scarpine e persino le gambe. La situazione imbarazzante poteva anche peggiorare se la dama provava ad abbassare la gonna tentando inutilmente di ammaccarla con le mani «a guisa di chi volesse scuotere la polvere, o le pulci». Lo strascico doveva esser sistemato, mentre ci si sedeva, nel vano fra le gambe della sedia per non doverlo poi tirare verso di sé col piede «proprio come fanno le gatte». Se la sedia non aveva braccioli le mani si raccoglievano in grembo, la sinistra sotto la destra, altrimenti il braccio sinistro si doveva posare lungo il bracciolo e quello destro col gomito appoggiato e con la mano in grembo a tenere il fazzoletto o il ventaglio; il tutto sempre con gli occhi bassi, in segno di modestia. Fra le minuziose norme che regolavano il comportamento non mancavano neanche quelle che indicavano come camminare: «altro è il (modo) naturale, altro è il regolato».
|
 Jean-Baptiste-Siméon Chardin, La bonne èducation (1753), Collezione Wanas, Svezia
Una madre - seduta su una sedia con braccioli proprio come una maestra di scuola - è intenta a interrogare la figlia sul contenuto del libro (un catechismo?) che tiene fra le mani. La bambina in piedi e a rispettosa distanza, ripete ciò che imparato a memoria col busto ben dritto ma con gli occhi bassi e le mani raccolte in grembo. Un esempio del contegno richiesto a una fanciulla ben educata nella Francia dell’Ancien Régime.
|
|