L’affermarsi delle idee illuministe nella seconda metà del XVIII secolo portò a un ripensamento del ruolo della scuola e dell’educazione in generale.
Il pensiero di Rousseau e di molti altri educatori, pervaso da un profondo laicismo e, in alcuni casi, da dichiarato anticlericalismo, aveva iniziato a mettere in discussione il portato didattico dell’insegnamento impartito alle ragazze nei conventi o pensionati nei quali venivano inviate per essere istruite.
Questo tipo di educazione pareva ormai non solo antiquato, ma anche inadeguato: costrette a condividere la clausura con le monache, le educande non erano abituate al contatto con il mondo e alla vita sociale e apparivano del tutto impreparate alle nuove responsabilità che le attendevano una volta sposate. Ignorando i più basilari aspetti dell’economia domestica, le ragazze si trovavano effettivamente in difficoltà quando erano chiamate a farsi carico della gestione della famiglia e della casa.
Sulla scia di Rousseau e di Locke si iniziò quindi a proporre un’alternativa "naturale", il ritorno all’insegnamento familiare, più adatto a tramandare valori e conoscenze utili alla vita futura della giovane. Quest’idea fu sposata anche da personaggi originali come la filosofa e scrittrice britannica Mary Wollstonecraft che nel 1787 pubblicò il suo Pensieri sull'educazione delle figlie.
Contrastando l’opinione prevalente alla fine del Settecento, Mary sosteneva che le donne non sono inferiori per natura agli uomini, ma per il tipo di educazione a loro riservata dalla società e che un’istruzione limitata e un matrimonio troppo precoce possono rovinare non solo la donna ma anche la famiglia che essa è incaricata di governare. Pur auspicando per le ragazze una preparazione intellettuale e morale pari a quella fornita ai maschi, Mary non riusciva però a immaginare altro luogo per le donne in cui usare queste abilità se non la casa. Nei suoi scritti non propone, infatti, alle donne di abbandonare o comunque mutare il loro tradizionale ruolo domestico, ma di svolgerlo con la stessa competenza, razionalità e fermezza morale di un uomo in carriera. Come molti altri contemporanei, Mary riteneva che le donne potessero effettivamente migliorare la società nella sfera privata, come pedagoghe per i propri figli, destinati a diventare genitori-insegnanti a loro volta.
Alla fine del Settecento padri e madri furono quindi stimolati a riappropriarsi del ruolo di educatori - ciascuno per il proprio ambito - anche in forza del fatto che il loro attento e diretto controllo poteva filtrare le giuste e necessarie nozioni per fare della fanciulla non una potenziale studiosa o una raffinata dama di mondo ma una moglie e donna di casa giudiziosa, onesta e rispettosa. Non si era, infatti, ancora spenta l’eco suscitata negli anni precedenti dalla polemica contro le femmes savantes, il cui tentativo di emanciparsi culturalmente e di acquisire uno status paritetico ai loro colleghi maschi era stato ridicolizzato anche da commedie di celebri autori.
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Joseph Highmore, Pamela insegna ai suoi bambini, (1743–45), illustrazione per il romanzo "Pamela" di Samuel Richardson.
Nel quarto volume del celebre romanzo di Samuel Richardson, Pamela, la protagonista incarna il programma educativo del filosofo John Locke che attribuiva un fondamentale nuovo ruolo alle madri, quello di educatrici dei loro figli.
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