L’uso di accogliere bambine e fanciulle in istituti religiosi è molto antico e rispondeva almeno a tre finalità pratiche. La prima era la possibilità di poterle instradare alla professione monastica: nel Settecento molte ragazze erano infatti destinate al convento anche in mancanza di una autentica vocazione da famiglie che non potevano accollarsi il peso della dote, o per sfuggire al disonore di un contratto matrimoniale andato a monte.
La seconda era quella di fornire - alle figlie dei nobili o altoborghesi - un luogo protetto nel quale mantenere "in serbo" la virtù delle figlie fino alle nozze. La terza, già ampiamente attestata nel XVI secolo, era quella di dotarle di una educazione adeguata al loro status sociale. Molte giovani vedevano inoltre nel convento la possibilità di poter vivere una vita serena lontana dalle ingerenze maschili.
La creazione e la proliferazione di educandati all’interno di conventi conobbe nel Seicento un vero e proprio boom in tutta Europa. Bologna, per esempio, che ne aveva soltanto 14 nel 1597, ne contava quasi il doppio nel 1690. Nella maggior parte dei casi questi istituti erano frequentati da educande di differenti ceti sociali, anche se all’interno si formavano gerarchie in base al ceto di provenienza; le bambine indigenti, accolte per dovere di carità, erano inevitabilmente destinate a prendere i voti.
Fra i conventi che ponevano maggiormente l’accento sull’educazione femminile, c’erano quelli delle Orsoline, operanti fin dall’epoca del Concilio di Trento.
In Francia Madame de Maintenon - amante ufficiale di Luigi XIV - fondò nel 1686 la Maison Royale di Saint-Cyr dove, seguendo i dettami del Trattat di Fenelon, le figlie di nobili famiglie decadute ricevevano - da religiose debitamente selezionate - un’educazione consona al ruolo che le giovinette avrebbero rivestito in futuro: pie madri di famiglia, spose devote di qualche nobile di basso rango. In queste scuole regolate dalle severe norme dei monasteri femminili veniva impartita un’istruzione incentrata sui principi cristiani e le attività "donnesche" (il cucito e il ricamo, a cui si potevano aggiungere lezioni relative all’insegnamento di lettura, scrittura, abaco, pittura, musica e canto), piuttosto che sull’apprendimento delle discipline classiche, che invece formavano la base irrinunciabile dell’educazione maschile.
La durezza della vita claustrale, che aveva portato a molti casi di ribellione fra le fanciulle del popolo rinchiuse a forza nei conventi, portò alla nascita - alla fine del XVII secolo - di un nuovo tipo di scuole "pubbliche" gratuite, rette da una nuova congregazione di suore insegnanti, le "Maestre Pie" , fondate nel Lazio da Rosa Venerini e Lucia Filippini.
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 Pittore anonimo, 30 agosto 1685: Rosa Venerini e due sue compagne ottengono dal Vescovo di Viterbo l'approvazione per la creazione della loro prima scuola (XVIII secolo), collezione privata.
Impegnate nell’alfabetizzazione e nella formazione cristiana delle giovani, le nuove scuole delle Maestre Pie fornirono alle ragazze povere un’alternativa alla rigida educazione conventuale, preparandole nel contempo ad affrontare le responsabilità della vita civile con l’insegnamento di attività pratiche e artigianali.
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