Nel XVIII secolo la maggior parte dei giovani aristocratici - in Italia come nel resto d’Europa - frequentava poco i propri genitori, perché fin dalla più tenera età era affidata prima a una governante e poi a un istitutore privato. Mentre i familiari erano impegnati in viaggi o ricevimenti, i ragazzi crescevano nella scarsa attenzione generale. La necessità di formare in modo più regolare i propri rampolli convinse molti nobili a iscrivere i figli in scuole prestigiose o in università anche straniere. Per i figli maschi, le Accademie Militari (quella Reale di Torino era stata istituita nel 1677) che preparavano i cadetti alla carriera militare e i collegi furono le soluzioni più praticate. Questi ultimi vantavano peraltro una tradizione antichissima: nati intorno al XII secolo come pensionati per chierici e studenti forestieri (fornivano vitto, alloggio, libri e insegnanti interni), si diffusero in ogni parte d’Europa per iniziativa di ordini religiosi, anche se col tempo finirono per svilupparsi in modo del tutto originale. In paesi come l’Inghilterra, l’istituzione del collegio si espanse in modo notevole: provvista di ampie rendite, divenne il nucleo centrale dell’università e pian piano si sviluppò parallelamente a essa diventando un centro di eccellenza per la formazione morale, intellettuale e fisica dei gentiluomini.
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 John Jones da un quadro originale di William Redmore Bigg, "Black Monday" o la partenza per la scuola, (1790), stampa a mezzatinta, Londra.
Due fratellini, in partenza per la scuola, salutano nonna, madre e sorelle mentre un domestico si occupa del baule e dei libri. L’immagine pone in risalto le differenze di genere: ai maschi spetta uscire da casa per istruirsi, alle femmine restarvi per assolvere i compiti di confortare, spronare, ascoltare e nutrire i propri familiari…
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