
Jean-Baptiste-Siméon Chardin, Autoritratto con visiera (1775), Museo del Louvre, Parigi
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Jean-Baptiste-Siméon Chardin (Parigi, 1699-1779) è stato uno dei più originali artisti del suo tempo. Figlio di un ebanista specializzato nella costruzione di biliardi, iniziò l’apprendistato nella bottega paterna ma si avvicinò all’arte frequentando l’atelier di un pittore di storia.
La sua prima prova autonoma fu una grande insegna per un chirurgo: Chardin, infatti, non amò mai i soggetti storici o mitologici, quelli che nella Francia del suo tempo facevano la fortuna degli artisti. Nonostante ciò, nel 1728 fu accolto dall’Accademia Reale come pittore specializzato "nella raffigurazione di animali e frutta". Le nature morte – che sbalordivano per la capacità del pittore di riprodurre le forme, le raffinate tonalità dei colori e i riflessi di luce sui diversi materiali – aprirono a Chardin la via del successo e l’apprezzamento di Luigi XV, che gli concesse il privilegio di abitare in uno dei locali annessi al Museo del Louvre a Parigi.
Col passare degli anni, l’artista iniziò ad alternare alla raffigurazione degli amati oggetti di uso domestico scene di vita quotidiana: non quella vivace e alla moda della nobiltà, ma quella della piccola borghesia parigina, classe sociale alla quale lui stesso apparteneva. Per lo più ritraeva donne e bambini dipinti "nel modo più veritiero possibile", senza ornamenti inutili e raffigurati nelle semplici attività di ogni giorno. Per queste scelte controcorrente, Chardin era considerato un po’ matto, anche se veniva sinceramente ammirato da colleghi e intenditori per la sua magistrale tecnica pittorica. Divenuto allergico ai colori a olio, in età avanzata iniziò a lavorare con i pastelli: è proprio con questo mezzo inusuale che dipinse alcuni dei suoi ritratti più belli.
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