Fra gli indumenti intimi femminili in uso in Europa fra Sei e Settecento il busto è forse quello che desta maggior curiosità. Se già al tempo degli antichi Romani è documentato l’uso di una specie di corsetto per reggere, accentuare o comprimere il seno e mostrare una vita sottile, fu nel Settecento che questo "attrezzo", dopo consistenti modifiche strutturali, divenne indispensabile per ogni donna che volesse comparire in società. Rispetto alla gabbia di ferro (sagomata e allungata sul davanti tanto da rendere quasi impossibile sedersi) messa a punto nel Cinquecento, il busto del XVIII secolo era più leggero e scollato. Ormai privo di bretelle sulle spalle, veniva irrigidito da tele di lino sovrapposte rinforzate da stecche di balena, più flessibili del metallo e del legno usati in precedenza. In ogni caso indossarlo era una vera tortura perché la donna non poteva respirare profondamente o piegarsi. Come già nel Rinascimento il corsetto era indossato fin dalla più tenera età sotto l’abito, lasciato in vista sul davanti o nascosto nella struttura stessa della veste della quale formava il corpetto attillato. La sua funzione originaria non era il richiamo seduttivo, in quanto schiacciava e comprimeva il seno e il ventre, ma quella di celare la naturale fisicità della donna conferendo alla sua figura una linea esile ed elegante. Si riteneva, infatti, che il corpo femminile, al pari del carattere, dovesse essere formato perché "intrinsecamente fragile", ma anche corretto e raddrizzato per prevenire antiestetiche deformità o atteggiamenti inappropriati.
Adattarsi al busto, che impediva al torace la sua naturale flessuosità, non era facile. Costringeva a gesti misurati e controllati, ad alimentarsi spesso con piccole porzioni di cibi che non gonfiavano lo stomaco, causava difficoltà digestive e respiratorie per la compressione degli organi interni e deformava permanentemente la cassa toracica, favorendo le malattie polmonari e i parti prematuri. Neanche le raccomandazioni dei medici "illuminati" riuscirono a rendere impopolare il corsetto: dopo la parentesi della Rivoluzione Francese, durante la quale fu bandito in quanto simbolo dell’Ancien Régime, il busto ritornò in auge con la Restaurazione, continuando a provocare danni all’addome per ancora un secolo. Fu, infatti, il profondo mutamento sociale avvenuto con la prima la guerra mondiale, unito all’invenzione dei tessuti elastici, a emancipare definitivamente le donne dalla prigione del busto: la necessità di vestirsi e acconciarsi in modo semplice e pratico per muoversi e lavorare fuori casa fece finalmente considerare il corsetto un indumento inutile e anacronistico.
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Busto femminile in seta sagomato e rinforzato, Francia (1730-40), Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles
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Nella figura a destra si possono vedere gli effetti devastanti dovuti alla continuata costrizione del busto. La capacità polmonare veniva drasticamente ridotta dalla compressione della gabbia toracica che, unita a quella dell'addome poteva provocare - oltre a frequenti svenimenti - anche danni importanti a carico degli organi interni
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