I bambini che andavano a scuola, fino a due secoli fa, erano pochi: quasi tutti appartenevano ai ceti aristocratico e borghese. Essi potevano essere istruiti nella propria casa, da precettori o da parenti colti, o sfruttare altre opportunità come il collegio e il convento. Le famiglie capaci di assumersi la funzione di educare autonomamente i propri figli erano rare, soprattutto fra le classi popolari. La gran parte dei fanciulli poco abbienti non riceveva quindi alcuna istruzione scolastica o tutt’al più imparava lo stretto necessario durante l’apprendistato sul lavoro, mentre solo un numero ristretto di bambini era affidato a un maestro per essere istruito nel "leggere, scrivere ed abbaco" o a qualche signora che teneva in casa una piccola scuola dove le bimbe apprendevano a leggere e a padroneggiare i cosiddetti "lavori femminili".
Le scuole delle confraternite legate alle parrocchie e quelle "di carità" organizzate dalle congregazioni religiose dispensavano gratuitamente ai piccoli poveri un’istruzione elementare (leggere, scrivere, far di conto…), preoccupandosi di curare soprattutto l’insegnamento della dottrina cristiana, loro obiettivo prioritario. Del resto, non era sull’abbecedario ma sul libro del catechismo che la maggior parte degli scolari imparava la lettura. Maestri e maestre per esercitare il loro mestiere dovevano ricevere l’approvazione dell’autorità ecclesiastica. Disciplinare e rendere devoti i bambini non era tuttavia l’unico obiettivo dei religiosi: questi piccoli, destinati a diventare gli uomini e le donne del futuro, avrebbero comunque condiviso con i familiari - poco o niente alfabetizzati - tutto quanto appreso, catechismo compreso.
L’apertura di scuole popolari per l’infanzia contribuiva al mantenimento dell’ordine sociale: significava, infatti, allontanare i bambini dalla strada, dove altrimenti avrebbero potuto ingrossare le file di ladruncoli, mendicanti e prostitute. Le scuole di base iniziarono a moltiplicarsi già alla fine del Seicento più che per la solerzia delle amministrazioni locali per l’interessamento diretto di ricchi devoti che lasciavano consistenti somme di denaro alla Chiesa, allo scopo di alfabetizzare i figli dei poveri. Nonostante le riforme promosse da alcuni sovrani illuminati - come Pietro Leopoldo granduca di Toscana, che istituì, per ogni quartiere fiorentino, quattro scuole pubbliche per i maschi e una per le fanciulle - la maggior parte dei bambini italiani restò estranea a ogni tipo di istruzione, tanto che nel XIX secolo, nel nostro paese, ancora l’80% degli abitanti era analfabeta.
|
 La maestra di scuola (1635), Musèe National de l'Èducation - CNDP, Rouen Nei secoli passati molte fanciulle imparavano a leggere e ricamare da qualche signora istruita che teneva in casa una piccola scuola.
|
|